La fabbrica di perfosfato a Santa Maria degli Angeli
La fabbrica di perfosfato a Santa Maria
note per una conoscenza del sito ex Montedison di Assisi
vai alla pagina Riccardo Morandi, Pierluigi Nervi, riepilogativa del sito ex Montedison
di Simone Menichelli – 29/06/18
Una delle location della seconda edizione di UniversoAssisi, sarà uno spazio vuoto all’interno del sito industriale ex Montedison di Santa Maria degli Angeli, utilizzato anche come immagine simbolo dell’intera manifestazione. Per la precisione accoglierà la visual art di Luca Trevisani che ha ribattezzato il luogo e la sua performance con le coordinate GPS dei due parabolodi: 38° 11′ 13.32″ N 13° 21′ 4.44″ E – 43° 03′ 23.9″ N 12° 35′ 19.2″ .
L’intero sito sarà anche oggetto delle ricerche degli artisti Antonio Ottomanelli e Gian Luca Bianco che vi dedicheranno un’intera settimana in residenza, prima dell’inaugurazione del festival.
Assisi è famosa in tutto il mondo per il suo patrimonio artistico unico e inimitabile, ma questo non vuol dire che non possiamo aprire il nostro sguardo anche verso l’Architettura Contemporanea. Le due cose devono coesistere perché le differenze sono un valore: per questo, citando Robert Venturi (uno tra i grandi architetti esponenti della corrente postmoderna), non si deve ragionare con il ‘’o-o’’ ma si può, anzi si deve, utilizzare il ‘’e-e’’. Giotto e Pier Luigi Nervi, non Giotto o Pier Luigi Nervi.
L’arco e i paraboloidi in Italia dal 1920 al 1970
La funzione sociale del lavoro e l’importanza che sul lavoro stesso esercitano le condizioni dell’ambiente ha attribuito ai fabbricati industriali, nel tempo, un importanza architettonica maggiore.
Il più diffuso impiego e la maggiore conoscenza dei nuovi materiali e delle loro possibilità ha portato alla consapevolezza che si poteva arrivare al ‘’bello’’ senza tralasciare gli aspetti funzionali.
Oggi il principale edificio industriale può essere considerato il capannone, una costruzione in cui la maggiore estensione è in senso orizzontale rispetto a quella verticale.
Ma l’architettura industriale è capace di offrire opere molto più complesse e architettonicamente interessanti grazie all’arte legata alla struttura del fabbricato e ricercare in questa la ragione stessa di bellezza.
La ricerca dell’arco perfetto, che coniuga stabilità e leggerezza, conduce ad affrontare un duplice ordine di problemi: questioni di forma, o meglio di deformata e di giunti, di giustapposizioni, di taglio e di disposizione dei conci, quando la struttura è costituita e composta da elementi. La sua composizione, dopo essersi tanto articolata e frammentata nel corso della storia dell’architettura, solo negli ultimi secoli è tornata ad essere orientata alla ricerca di un’interezza strutturale, dell’effetto di unica trave, di monoblocco. Questo è stato possibile grazie all’impiego dei metalli (la ghisa, l’acciaio), con il ritorno al legno e da questo, mediante le casseforme, con il cemento armato, che rappresenta la somma, la fusione fra i tre materiali più ampiamente impiegati nel corso della storia edilizia dell’arco: lignei, lapidei o fittili e metallici. Anche il disegno della struttura ha iniziato ad aspirare alla perfezione, all’arco perfetto.
Un esempio tangibile di questa tipologia di progettazione sono i Paraboloidi: magazzini industriali a copertura parabolica. Questi rappresentano un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna, nonostante le loro origini ed evoluzione nel corso del Novecento abbiano interessato in modo significativo il nostro paese.
I paraboloidi, unici nel loro genere per la presenza di maestose volte nervate in cemento armato, rappresentano l’unione perfetta tra funzionalità ed estetica, seguendo i canoni del Movimento Moderno e della produzione seriale, tanto da essere esportati in numerosi paesi europei.
In Italia possiamo constatare la presenza di 91 Paraboloidi realizzati tra il 1920 e il 1970.
Tra i numerosi esemplari esistenti alcuni emergono per caratteristiche architettoniche, innovazioni costruttive e dimensioni. Il magazzino clinker dello stabilimento Italcementi di Casale Monferrato, il primo esemplare di silos parabolico (1922-23); il vasto magazzino fertilizzanti azotati dello stabilimento chimico di Nera Montoro (1929-35); i grandi paraboloidi a copertura continua costruiti dalla Montecatini-Edison a Porto Marghera (1962-71); il primo silos parabolico a testata ‘’aperta’’ realizzato a Porto Recanati (1955).
Tra i pochi edifici recuperati in tempi recenti, si annoverano i due paraboloidi di Cerea, trasformati in centro congressi nel primi anni del Duemila; il piccolo pseudo-paraboloide della Cimatoria Campolmi di Prato restaurato nel 2009 e ora sede della Biblioteca della città.
La fabbrica Montecatini di perfosfato minerale di Assisi, Santa Maria degli Angeli
La storia
Uno degli esempi di recupero di queste architetture industriali ci vede coinvolti da vicino. Ad Assisi, infatti, possiamo vedere uno dei casi più interessanti nel panorama italiano dei paraboloidi, essendo uno dei pochi che ha visto il restauro integrale degli edifici ex industriali. Stiamo parlando dell’area denominata “ex-Montedison”, localizzata a Santa Maria degli Angeli, frazione nella pianura del comune di Assisi, nel Settore Urbano IV/3. La posizione in cui è sita l’area è strategica, considerando sia l’accessibilità comunale che quella su raggio maggiore. Tale zona si trova nelle strette vicinanze degli snodi delle comunicazioni ferro-gomma essendo in prossimità della stazione ferroviaria e dello svincolo della Strada Extra-urbana E-45, vie di comunicazione che relazionano l’area con un vasto bacino di scambio, come quello della Valle Umbra.
In occasione della ricostruzione post-bellica dello stabilimento di Assisi-Santa Maria degli Angeli, nel 1948 la società Montecatini decide di attrezzare la rinnovata fabbrica di perfosfato minerale con un grande solido parabolico con chiave ribassata ed estradossi a vista. Un secondo paraboloide, di dimensioni più ridotte, viene aggiunto poi tra il 1955 e il 1956. La struttura della ex- Montedison è stata attribuita ai due maestri italiani del cemento armato: a Pier Luigi Nervi il più piccolo, del 1956, e a Riccardo Morandi l’edificio maggiore, 1948.
La fabbrica di perfosfato cessa le attività negli anni Settanta e l’intera area subisce un grave abbandono in seguito al quale le strutture, per il mancato riuso, diventano uno spazio inutilizzato. Un patrimonio costruito inattivo da riqualificare e a cui donare nuova vita. Nel 1981 la Montedison presentò un’offerta di vendita dell’area al comune. Poco dopo il comune acquistò l’area, anche per l’esigenza di sottrarla ad una possibile speculazione edilizia. Nel 1983 venne approvata la variante che definì nuove destinazioni urbanistiche così da poter iniziare i lavori di adeguamento. La stessa area fu interessata dal PUC, Piano Urbanistico Complesso, con l’intento della valorizzazione socio-culturale del centro storico del comune di Assisi e in generale delle zone verdi del territorio. Le carenze individuate da questo piano sono soprattutto la mancanza di qualità architettonica unitaria e la difficoltà dei collegamenti viari su piccola scala. Gli obiettivi specifici per l’intervento sono la riqualificazione e il recupero delle vaste aree industriali dismesse e la soluzione dei problemi di accessibilità veicolare attraverso la ricucitura delle parti dell’insediamento urbano rispetto all’attuale separazione dovuta alla ferrovia. Gli interventi prevedono l’integrazione delle funzioni dei diversi elementi infrastrutturali, architettonici ed edilizi che andranno a costituire il nuovo assetto urbano. La nuova organizzazione planimetrica degli edifici consente l’articolazione degli spazi in piccole piazze, aree verdi e percorsi protetti ciclabili e pedonali, questo unito al miglioramento dei trasporti pubblici. Soprattutto il programma prevede la localizzazione negli ex capannoni Montedison di spazi per attività sociali, culturali, commerciali, ludici e ricreativi. Oggi la porzione dell’edificio principale a nord dell’area ex-Montedison, attribuito a Morandi, è riutilizzata ai fini ricreativi e ludico sportivi: Teatro Lyrick, piscina e impianti ricreativi, Centro Nazionale della Federazione di Pugilato e Museo della Boxe. Altri spazi non sono ancora stati destinati ad un’attività permanente come è il caso del primo piano della porzione dell’edificio, sede di uno degli eventi di UniversoAssisi 2018. L’edificio “Nervi” o “Palaeventi”, è invece destinato ad eventi, fiere e meetings.
La struttura costruttiva
Il capannone principale, il Morandi, ha una sezione longitudinale a croce parabolica con pensiline esterne lunghe 8 metri e coperte a volta. La struttura dei capannoni centrali si sviluppa su pilotis e copertura a volte in cemento armato con sezione a botte depressa. Sopra questi capannoni il corpo principale ha una sovrastruttura multipiano che arriva fino a 22 metri di altezza. La costruzione è divisa in tre parti: le prime due sono abbastanza simili per disegno e caratteristiche strutturali. Ciascuna di loro si compone di quattro archi parabolici trasversali, situati a una distanza di circa 10 metri. A 5 metri dal livello del suolo ci sono travi a sbalzo laterali che aggettano dagli archi e sostengono le coperture a botte delle pensiline. Sopra la trave a sbalzo, il capannone è coperto con sottili volte dello spessore medio di 70 millimetri, misurato in mezzeria. Il capannone centrale ha una sovrastruttura intelaiata poggiante sugli archi parabolici che, a questa quota, hanno minor luce, inoltre nella parte interna è presente una struttura intelaiata indipendente. La caratteristica più importante della costruzione è il complesso equilibrio che permette la stabilità delle coperture molto sottili con una curvatura singolare. Per quanto riguarda la resistenza alle azioni orizzontali, come i terremoti, la costruzione è caratterizzata da una grande rigidità e resistenza trasversali, dovute alla configurazione degli archi, ma presenta un’alta deformabilità longitudinale dovuta all’assenza di collegamenti fra gli archi sotto la trave a sbalzo laterale.
Il Teatro Lyrick
La ristrutturazione dell’intero complesso, come sopra accennato, che ha previsto la destinazione degli spazi ad uso civile, ha sicuramente nel Teatro Lyrick il suo fiore all’occhiello ed una delle opere architettoniche più importanti della città. L’uomo a monte di questo ambizioso progetto è lo statunitense Richard C. Leach, che ha ideato la produzione di Francesco, il Musical durante una breve visita ad Assisi nel 1987. I Lyrick Studios di Leach, a Dallas, erano affermati nel campo della produzione di intrattenimento per bambini come la nota serie di cartoons Barney il dinosauro e i suoi amici. Costruito dalla Lyrick Italia ad Assisi, ed inaugurato nel 2000 per la messa in scena permanente di un musical sulla vita di San Francesco, il “Lyrick Theatre” è stato progettato dall’architetto Vincenzo Maia con una capienza di 1.000 posti, includendo un book-shop, un bar, un negozio e i servizi annessi al teatro. L’architetto Maia ha posto attenzione nella scelta dei materiali e ad una progettazione che rispettasse e valorizzasse quanto più possibile la vecchia struttura. Le difficoltà infatti si sono riscontrate nel fatto che la vecchia fabbrica Montedison era in stato di degrado e peraltro costruita prima di qualsiasi normativa in materia sismica.
La sfida progettuale nella realizzazione della sala e della torre scenica, è stata quindi quella di superare i vincoli dovuti dalla presenza dell’edificio preesistente. La particolare forma parabolica della struttura esistente condizionava la nuova struttura del teatro, che doveva sorgere al suo interno, legando tra loro in maniera inversamente proporzionale i parametri dell’altezza e della larghezza. In parole povere, tanto più si allargavano le dimensioni della sala tanto più doveva diminuire la sua altezza. La stessa cosa si verificava per lo spazio scenico e per la torre scenica che doveva raggiungere la massima altezza possibile per una corretta movimentazione e funzionalità delle scene. Assisi si trova in un’area ad altissimo coefficiente sismico e questo impone particolari accortezze progettuali. Oltre al grande rinnovamento e ristrutturazione del vecchio edificio, con ampio uso di cemento armato a fibra rinforzata, fibre di carbonio, elementi tiranti, puntelli e micro-pali di vari spessori per rinforzarne le fondamenta, la nuova struttura del teatro, in cemento armato ed acciaio, è stata quindi progettata all’interno delcapannone esistente in maniera completamente indipendente dalla vecchia struttura: un vero e proprio ‘’edificio nell’’edificio’’.
Per aumentare le potenzialità e le funzionalità del teatro valorizzando la struttura esistente, le vecchie pensiline esterne sono state trasformate in spazio interno al teatro, chiuso esclusivamente con superfici vetrate. Così facendo si è creata una perfetta osmosi tra spazio interno ed esterno. Particolare attenzione è stata prestata allo studio acustico e sonoro della sala, al palcoscenico e ai suoi spazi di manovra di circa 350mq, dotati di moderni impianti scenici e progettati in modo da essere equipaggiati con palco rotante e pedane mobili per un rapido cambio di scena.
Il Palaeventi
Breve cenno merita, in questo primo rapido avvicinamento conoscitivo al sito, l’edificio minore, attribuito al Nervi, ufficialmente “Palaeventi”, affettuosamente “Montedisina” per le dimensioni ridotte rispetto al Paraboloide principale. La sua struttura può dirsi analoga alla costruzione maggiore, anche se la qualità architettonica non è confrontabile, pur rimanendo un buon esempio di ingegneria applicata a strutture per l’industria. Inaugurato il 20 luglio 2014, come spazio polifunzionale per eventi e congressi, ha visto cimentarsi nella sua progettazione, dal 2007, vari professionisti, dal consolidamento strutturale, fino alla chiusura delle facciate a vetrata e all’allestimento delle strutture e dei servizi tecnici interni: dagli ingegneri Giuseppe e Giacomo Ferroni, fino allo studio GLA e l’architetto Andrea Piatti
Conclusione
Queste note vogliono solo significare la posa dello sguardo su un complesso urbanistico del territorio assisano, su cui vale la pena forse di investire risorse, non solo intellettuali, al fine di una cognizione maggiore, anche in vista di una eventuale riconsiderazione progettuale in quanto complesso unitario.
A tale scopo concludo questo mio intervento invitando, chi lo vorrà e se ne sentirà incline, a restituire alla comunità, in forma di ricerca, una documentazione di cui suggerisco alcune linee di sviluppo e che va dallo stato del primo insediamento di unitario sito industriale, all’attuale conglomerato di spazi multifunzionali.
Queste alcune delle domande che possono indicare una via di ricerca:
- Come era in realtà il complesso nella sua interezza oltre i paraboloidi oggi visibili?
- In cosa consistevano il ciclo produttivo e le fasi di lavorazione per cui era stato concepito e in cosa, di queste funzioni, è rimasta traccia visibile nell’attuale corpo dei fabbricati?
- Quanti lavoratori ha impiegato nel tempo? Perché è stato dismesso? Il prodotto, il perfosfato, era destinato ad un mercato locale, nazionale o estero? E a quale utilizzo era destinato?
- Cosa ha rappresentato nel complesso aziendale, prima Montecatini e poi Montedison, il sito di Assisi?
- In quale contesto urbanistico era inserito all’origine e come si è andata evolvendo da allora ad oggi la concezione di quel contesto? Pensando al rapporto tra industria, infrastrutture e paesaggio?
- L’insieme dei due paraboloidi ha generato in realtà nel loro interno una segmentazione degli spazi e volumi unitari, di cui sarà bene ricostruire l’evoluzione progettuale da un lato e dall’altro rappresentarne i nuovi moduli architettonici, indicandone la nuove funzioni e rilevanze tecnologiche (Teatro Lyrick, Centro Nazionale della Federazione di Pugilato, Museo della Boxe, PalaEventi ecc.) oppure la semplice nuova dimensione di luogo come nel caso della porzione destinata a location di UnversoAssisi 2018.
Un reportage fotografico totale.