Francesca Rea e Giovanni Sensi. Abbazia di San Pietro in Assisi

Tesi di laurea

Francesca Rea e Giovanni Sensi

Abbazia di San Pietro in Assisi

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Laurea in Ingegneria Edile Architettura
Facoltà di Ingegneria
Corso di laurea: Ingegneria Edile Architettura
Tipo: magistrale a ciclo unico
Università degli Studi di Perugia
Relatore: Pietro Matracchi
Data discussione: 27 aprile 2016

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Abstract
L’opera è incentrata sull’analisi storica e architettonica dell’Abbazia di San Pietro in Assisi, una delle più importanti tracce del monachesimo benedettino nella Città Serafica.
Descrizione
Il complesso abbaziale si compone di chiesa e monastero, entrambi investiti di un grande interesse architettonico e storico. La chiesa, romanica con evidenti influssi gotici, è articolata su tre navate, scandite da due file di arcate, sorrette da massicci pilastri quadrangolari; se le navate laterali sono voltate a botte, la centrale è coperta da una serie otto archi timpano, in cui si notano tracce di antiche cornici pittoriche. Un’ampia scalinata taglia trasversalmente tutto l’interno, conducendo ad un presbiterio rialzato, sovrastato dalla particolare cupola conica, esempio rarissimo nell’architettura umbra, sia per forme geometriche che per tecniche costruttive. La chiesa, che termina con coro e abside semicircolare, presenta al suo interno tre cappelle: l’antichissima cappella del Coro, la Trecentesca cappella del Crocifisso e la Seicentesca cappella del Rosario.
Il monastero, articolato intorno al magnifico chiostro del XVII secolo, ospita i vani della vita monastica al piano terra, il dormitorio dei monaci al primo piano e la foresteria al secondo. I sotterranei, ampi e ricchi di tracce architettoniche di grande interesse, conservano gran parte delle strutture più antiche.
Storia
Le origini dell’abbazia sono incerte e le fonti non forniscono risposte sulla data di fondazione, che tuttavia può essere collocata tra il X e l’XI secolo, anche considerata la sicura esistenza di S. Pietro già nel 1029. Nel corso del XIII secolo l’abbazia vide la presenza di un abate, il beato Pietro, in rapporti di amicizia con S. Francesco, e, pochi decenni dopo, l’acquisizione delle reliquie di S. Vittorino, secondo vescovo di Assisi e martire; un fatto, tuttavia, di non sicura collocazione storica. Alla metà del secolo i monaci cistercensi sostituirono i cluniacensi, secondo l’agiografo folignate Jacobilli, riedificando la chiesa e conferendole una conformazione molto simile a quella attuale. Questi cenobiti rimasero in monastero fino al 1577, quando vennero allontanati a causa di un grave scandalo, per essere sostituiti da una collegiata di preti secolari. Soltanto nel 1613 i monaci, stavolta cassinesi, fecero ritorno in S. Pietro. I nuovi abitanti si profusero in un serie di ristrutturazioni durante tutta la prima metà del secolo, rinnovando profondamente le fabbriche dell’antico monastero e realizzando il magnifico chiostro. Il Settecento fu per S. Pietro teatro di numerose calamità: ben due terremoti ne danneggiarono le strutture, rendendo necessaria l’edificazione di massicce opere di rinforzo, inoltre nel 1798-99 l’abbazia fu vittima di una prima soppressione; la seconda sarebbe giunta nel 1810, seguita nel 1832 da un ulteriore sisma. Nel corso del secolo, due importanti figure si dedicarono alla ristrutturazione della chiesa: Carlo Ciogni, durante la prima metà, ed Emanuele Lisi, nella seconda, che fondò, nella S. Pietro di quegli anni, la prima colonia agricola d’Italia. Gli ultimi, importanti restauri della chiesa, si ebbero nel Novecento: il primo risale al 1951-54 e vide la rimozione della volta a botte seicentesca sulla navata centrale, il secondo comportò il consolidamento delle strutture, in seguito al terremoto del 1997.
Epoche Costruttive
L’abbazia attuale è il frutto di opere svolte in numerosissime fasi costruttive differenti, susseguitesi nel corso dei secoli. Se il corpo principale della chiesa risale alla metà del Duecento, coro, abside e cappella del Coro sono ascrivibili ad una parte più antica, forse risalente alla chiesa originaria del X-XI secolo. Le altre parti principali sono rappresentate dalla cappella del Crocifisso, edificata nei primi decenni del XIV secolo, e quella del Rosario, databile agli inizi del XVII.
Le murature del monastero sono frutto di interventi svolti in molte epoche differenti. Nel periodo precedente alla venuta dei cassinesi, sono identificabili almeno cinque fasi costruttive distinte, di difficile collocazione temporale e testimoniate dalle tracce sulle murature antiche, sopravvissute in gran parte all’interno dei sotterranei. I monaci cassinesi edificarono opere per il rinnovamento del monastero in almeno quattro fasi consecutive soltanto nella prima metà del Seicento: nel 1621-28 l’abate Ancajani edificò il nuovo dormitorio, nel 1634-38 Placido Mancia realizzò i vani d’ingresso e nel 1639-41 l’Aloysi ricostruì le volte di alcuni granai che erano crollate in quel periodo. Il rinnovamento più radicale si deve però al Pavoni, che negli anni 1644-46 demolì parte del monastero antico per edificare il chiostro, sovrastato da una nuova porzione del dormitorio e la nuova scala di accesso al primo piano. Nonostante furono gli interventi di questo periodo a conformare l’organizzazione del monastero per come lo conosciamo oggi, anche i secoli successivi furono interessati da importanti modifiche sulle fabbriche: si realizzarono opere di consolidamento in almeno tre epoche distinte (1741, 1752 e 1832) per fronteggiare i danni causati da altrettante scosse sismiche, mentre esistono testimonianze per delle opere non ben definite nei sotterranei nel 1767. Al 1927 risale la creazione del chiostrino, che sostituì un cimitero plurisecolare, e al 1946 la creazione del secondo piano al disopra dell’ala orientale del dormitorio monastico.
Cupola
La particolare cupola conica costituisce uno degli elementi più interessanti nell’architettura di S. Pietro. Considerabile quasi un unicum all’interno dell’architettura umbra di quel periodo, trova qualche analogia con la cupola presente nella Pieve di S. Maria Assunta di Ponte di Cerreto di Spoleto. La struttura, impostata sui quattro pennacchi sferici sottostanti, si compone di 31 anelli di pietra progressivamente aggettanti, che conferiscono all’intradosso un profilo a gradoni. In esterno è sormontata da un tiburio con copertura a falde e da una lanterna, entrambi di epoca successiva. La presenza di dodici buche pontaie, visibili sulla superficie interna, consente di formulare ipotesi sulle tecniche impiegate nella costruzione. La loro dimensione e posizione potrebbero essere compatibili con l’utilizzo di impalcature che assolvevano ad un duplice scopo: supportare le maestranze durante i lavori e alloggiare un sistema di tracciamento per mantenere la concentricità dell’intradosso.
Apparati
L’opera si conclude con l’esposizione delle iscrizioni di rilevanza storica presenti in abbazia e con le cronotassi degli individui che si alternarono nelle principali cariche in S. Pietro, tra cui, particolarmente rilevanti, quelle di abati e abati commendatari, ricostruite in maniera pressoché completa dal Trecento fino ai giorni nostri.

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